Il risultato di diversi studi, ormai di dominio pubblico, evidenzia come il consumo di alimenti ricchi in fibra sia associato ad una riduzione del rischio di insorgenza di patologie croniche, quali obesità, sindrome metabolica, diabete di tipo II e malattie cardiovascolari.
FIBRA SÌ, MA ATTENZIONE AI FITATI
L’apporto di fibra promuove infatti diversi benefici a livello fisiologico, che includono un miglioramento della funzionalità intestinale e del metabolismo glico-lipidico, ma, allo stesso tempo, comporta l’assunzione di fitati, generalmente considerati fattori anti-nutrizionali a causa della forte azione complessante dell’acido fitico verso minerali e proteine cariche positivamente. Vale a dire che l’acido fitico interferisce negativamente sulla biodisponibilità di minerali presenti negli alimenti, formando complessi insolubili soprattutto con ferro, zinco, magnesio e calcio. Per questo motivo è considerato un fattore anti-nutrizionale.
SCOPERTA DEI FITATI
La scoperta di questi composti risale alla metà del 1800, quando, in semi di diverse piante, vennero individuate delle piccole particelle, simili per dimensione a granuli di amido di patata, e si scoprì che non contenevano amido bensì altri nutrienti necessari allo sviluppo del seme nella fase di germinazione.
I fitati rappresentano, infatti, la principale fonte di stoccaggio di fosforo e minerali del seme e sono depositati in corpi proteici.
Cereali integrali e legumi costituiscono le fonti primarie dei suddetti composti nella dieta perché, oltre ad esserne ricchi, sono alimenti ampiamente consumati (rappresentano il 50% circa dell’apporto calorico totale).
COME RIMUOVERE O LIMITARE I FITATI
I fitati mostrano una buona stabilità alla cottura fino a 100°C circa, cioè risultano particolarmente resistenti al trattamento termico. Anche l’impiego delle alte temperature (arrivando a 140°C), utilizzate esclusivamente nei processi industriali, può ridurne i livelli, ma non eliminarli totalmente.
La germinazione e l’ammollo risultano ad oggi i trattamenti più efficaci nella riduzione del contenuto di fitati ed è perciò raccomandabile la decorticazione dei cereali e l’ammollo dei legumi prima del loro consumo, al fine di migliorarne la qualità nutrizionale.
La fermentazione è utilizzata fin dall’antichità come trattamento e metodo di conservazione degli alimenti. Durante questo processo, a seguito della produzione di acido lattico ed altri acidi organici, si ha una riduzione del pH ed una conseguente attivazione delle fitasi endogene, enzimi che si trovano in piante e microrganismi e possiedono la capacità di idrolizzare i fitati.
Nella preparazione di prodotti alimentari, soprattutto nei processi di fermentazione, germinazione, e ammollo vengono attivate o aggiunte fitasi, sia di origine vegetale che microbica, per ridurre il contenuto di fitati e migliorare così la biodisponibilità di minerali e oligoelementi.
FITATI NEL PANE
Nella preparazione del pane, l’idrolisi dei fitati avviene principalmente durante la lievitazione. Nella fase di fermentazione del pane, l’acidità dell’impasto rappresenta un fattore importante per ottenere una buona riduzione del contenuto di fitati. Inoltre, è stata dimostrata una maggiore diminuzione dei fitati mediante l’utilizzo di lievito madre, questo a causa della leggera acidificazione dell’impasto (intorno a pH 5.5) ottenuta tramite impiego di madre acida o di acido lattico.
RIMOZIONE MECCANICA DEI FITATI
Un altro metodo per modificare il contenuto di fitati è la rimozione meccanica degli stessi. La caratteristiche di questo processo dipendono dalla tipologia dei semi trattati e dalla distribuzione morfologica dei fitati nei semi. Ad esempio, nella maggior parte dei semi oleosi e nei cereali i fitati sono localizzati nello strato aleuronico e in misura minore nel germe, perciò durante i processi di molitura si può arrivare ad una riduzione pari al 90% di questi composti.
Invece, in soia, avena e miglio i fitati sono contenuti in tutto il seme in maniera abbastanza omogenea. Bisogna, inoltre, considerare che la separazione meccanica dei fitati comporta, allo stesso tempo, la perdita di alcuni nutrienti, tra cui molti composti bioattivi e vitamine, con conseguente riduzione del valore nutrizionale dell’alimento.
COME ACCRESCERE I NUTRIENTI DEGLI ALIMENTI
Alla luce di tutto ciò possiamo capire come la preparazione e la cottura degli alimenti possa condizionare la biodisponibilità dei nutrienti, così come l’abbinamento di varie pietanze in ricette tipiche della dieta italiana. Buone abitudini, spontanee nelle cucine delle nostre nonne, rendono maggiormente disponibili i nutrienti. Come, per esempio:
- Lavorare a lungo gli impasti fatti con farina integrale, neutralizzando così gran parte dell’acido fitico presente nella crusca. Utilizzare, come abbiamo detto, lievito madre o impasti indiretti a base di lievito di birra (lieviti chimici a base di bicarbonato aumentano il pH inibendo la fitasi).
- Mangiare fibre, soprattutto quelle solubili presenti maggiormente in frutta e verdura. Dalla loro fermentazione ad opera della flora batterica, vengono prodotti acidi grassi a catena corta che, legandosi ai minerali, ne favoriscono l’assorbimento attraverso la mucosa intestinale.
- Mettere in ammollo i legumi e i cereali con acqua tiepida, aggiungendo un po’ di succo di limone.
- Mangiare ogni tanto i germogli, cotti, ma in molti casi anche crudi. Cereali, legumi ed altri vegetali, così trattati, risultano di eccellente digeribilità. Per la germogliazione occorrono alcuni giorni, ma il processo è gestibilissimo in ambito domestico.
ATTENZIONE A MODE E MONOTONIA ALIMENTARI
Le carenze nutrizionali di oggi sono dovute in larga parte alle mode e alla monotonia alimentari: ci piace una cucina e mangiamo sempre quella o quasi.
Ad esempio, l’utilizzo inappropriato di alimenti a base di soia non fermentata o di dieta vegetariana non equilibrata. Non abusiamo di automedicazione, per esempio con terapie protratte di antiacidi che alcalinizzano l’ambiente gastrico.
Per assicurarci un equilibrio nutrizionale non facciamoci coinvolgere da tutto ciò che leggiamo senza valutarne la fonte. Puntiamo su una dieta varia, considerando la stagionalità e la qualità degli alimenti consumati, rispettando le tradizioni locali.
Fonte: Dossiersalute.com